Quante volte in questi anni se ne è sentito parlare. Molte, troppe.
Questa volta però i segnali ci sono tutti. E le conseguenze, più o meno gravi, non sono facilmente prevedibili.
E’ anni che si parla di bolla speculativa nel settore immobiliare in Cina, di prezzi che crescono troppo velocemente e di un sistema “drogato” dal troppo facile accesso al credito, ma a differenza di altre occasioni, questa volta probabilmente si verificherà.
Se sarà così e se questo articolo avrà raggiunto il suo audience prima che avvenga, non si potrà affermare che abbiamo delle doti magiche nel fare le previsioni e che unici (o tra i pochi) siamo stati in grado di prevedere quello che molti altri non hanno saputo capire. Abbiamo semplicemente ascoltato. Riconoscendo innanzittutto, con umiltà e oggettività, che le variabili macroeconomiche spiegano solo in parte i fenomeni sociale ed economici e ancora meno sono in grado di prevederne le dinamiche future, la voce diretta del governo cinese non lascia spazio ad incertezze. Questa volta ha deciso, i prezzi delle case sono troppo alti e la bolla va fatta rientrare. Abbiamo solo ascoltato il messaggio che rappresenta la volontà del governo, e quindi, anche se non potremo essere onorati del titolo di maestri delle previsioni, saremo fieri di essere stati tra i primi ad avere anticipato e comunicato la sopraggiungenza di un fenomeno importante.
Il dato è inqeuivocabile. I prezzi delle case a 30000 rmb (circa 3000 euro) al metro quadrato, in media, sebbene in città importanti come Pechino, sono veramente troppo. Se si considera che solitamente le famiglie acquistano una casa utilizzando i risparmi (spesso dei genitori) e per il resto si indebitano, e tenuto conto che l’ammontare dei risparmi di genitori parsimoniosi e generosi con i discendenti non può di tanto superare i 300-400 mila rmb (30-40 mila euro), e che i salari medi possono assestarsi sui 3000-4000 rmb (300-400 euro) mensili pro-capite, ben si capisce come difficile, se non impossibile, possa essere divenuto l’acquisto della casa (anche di piccole dimensioni) per molte famiglie cinesi. Cosa ben diversa è quella degli speculatori con disponibilità ampie di liquidità che comprano decine o centinaia di appartamenti a scopo investimenti, allettati dai velocissimi rialzi, assenza di tassazione sulla proprieta’ e da profitti enormi. E proprio questo fenomeno, insieme all’inflazione, sono le cause delle mosse del governo.
La volontà di riportare le cose a livelli accettabili prima che una improvvisa e incontrollata crisi del settore si verifichi (a causa dei mutui non pagati, dell’impossibilità per molti di accedere all’acquisto della prima casa, ed evitare eccesive sperequazioni) è dimostrata, anche se non in maniera compiuta e univoca, in vari modi: con l’innalzamento dei tassi di interesse (seppur di poco), con regole più rigide per l’erogazione dei mutui (prima casa, e ancora di più seconda casa e quasi impossibile finanziare l’acquisto del terzo appartamento), con la possibilità paventata di introdurre una tassa sugli immobili. Inoltre per aumentare l’offerta ed evitare le speculazioni, il Governo cinese imporrà ai costruttori che acquisiscono la terra (i diritti d’uso), di realizzare le opere entro un anno, e non aspettare che i prezzi lievitino temporeggiando secondo discrezione come avviene oggi.
Ha inoltre imposto a se stesso e ai governi locali di immettere sul mercato più terra, per realizzare più costruzioni (e a prezzi più competitivi).
Tuttavia le mosse del governo non sempre rispecchiano caratteri di coerenza. Basti sapere che lo stesso Governo centrale e governi locali vendono in alcune aree la terra (il solo diritto d’uso) a cifre spropositate (anche 2000 euro/mq e più) dimostrando di aver ben presente il concetto di ROI (ritorno degli investimenti) della terra, e il valore e le possibilita’ di introito derivante dal settore immobiliare. In sintesi dimostra di sapersi ben comportare da ottimo investitore-speculatore che per altro verso cerca di contrastare.
Tutto ciò sebbene le incoerenze evidenziate, dovrebbe portare a un raffreddamento dei prezzi delle case (che sono raddoppiati in neanche un anno e che in molti casi sono quintuplicati in cinque anni), ma gli effetti attesi non sono devastanti.
Intervistando alcune agenzie immobiliari e alcuni ricercatori universitari del RE, si evidenzia come l’effetto sui prezzi dovrebbe essere di calmieramento, rendendoli stabili o in flessione leggera. I piu estremisti prevedono una contrazione dei prezzi del 20%-30% al massimo.
Un ultimo importante punto e’ l’impatto che potrebbe avere questo raffreddamento (se vero raffreddamento sara’, e non nuovo stimolo all’acquisto a prezzi piu’ competitvi) del mercato immobiliare sugli andamenti economici della Cina per il 2010 e successivi.
Le voci piu’ ottimistiche sostengono che l’impatto sul prodotto interno lordo (PIL) sarà minimo. Effettivamente, in un mondo che cresce a questa velocita (il primo trimestre del 2010 ha fatto registrare in Cina quasi un 12% di incremento del PIL), l’impatto di una riduzione dei prezzi dell’immobile e eventualmente delle transazioni, sembra, seppur da tenere in considerazione, non drammatico.
I problemi di rallentamento del PIL potrebbero eventualmente derivare da altro: dal fatto che l’economia cinese a seguito della crisi statunitense è stata “drogata” da un ingentissimo investimento pubblico, o dal fatto che l’export ha subito nel 2008-2009 una forte riduzione e non si è ancora veramente ripreso,.. o forse, ma sono molti gli scettici, a causa di una rivalutazione della moneta. Tutti temi di cui si discuterà più in dettaglio prossimamente. Per il momento stiamo a vedere cosa succederà nel mondo immobiliare: già molti nuovi annunci di vendita di appartamenti sono apparsi, e molti potenziali acquirenti intervistati sostengono di voler aspettare e ritardare l’acquisto.
Beijing – 15 Aprile 2010
*Emanuele C. Francia, manager e consulente, ha seguito per anni le operazioni cross-border per numerose imprese italiane in Europa e Stati Uniti. Da alcuni anni vive a Pechino ed è partner di una società di consulenza specializzata nei processi di internazionalizzazione. Collabora con alcune università sia in Italia che in Cina nell’ambito della ricerca e dell’insegnamento.